
Nei mesi di lockdown abbiamo imparato ad impastare il pane in casa, ma questo piccolo gesto non ha fatto di noi consumatori migliori. Continuiamo a ignorare l’origine e le filiere di ciò che mettiamo in tavola, e anche quando facciamo la spesa nei negozi di prossimità, non necessariamente sosteniamo un’agricoltura sana e locale.
Ieri come oggi, l’agricoltura plasma gli spazi, il paesaggio e le relazioni. Il mondo contadino è interconnesso con tanti aspetti della nostra vita: nel Medioevo abbiamo terrazzato le montagne per coltivare, oggi disboschiamo la foresta amazzonica per fare posto alle piantagioni di soia.
In questo mondo complesso si intrecciano due tendenze: da una parte l’azione di chi protegge, riproduce e moltiplica semi di biodiversità, dall’altra l’innovazione, come quella delle Vertical Farm, aziende che coltivano fuori terra e senza suolo.
Nel Grande Trasloco il “diritto al cibo” è centrale: per sfamare una popolazione mondiale in crescita, dobbiamo davvero cedere a ogni compromesso? Può esistere un cibo “buono, pulito e giusto” per tutti? Qual è il significato profondo di ”qualità”?