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Coltivare pomodori sui geyser

Coltivare pomodori sui geyser

Persino nei territori più impervi, come geyser e sorgenti idrotermali, si può produrre frutta e verdura. In maniera sostenibile, valorizzando le peculiarità del territorio.

Siamo in Islanda, e il protagonista di questa storia è il pomodoro.

Cresciuto rosso e saporito come nel Sud del Mediterraneo grazie all’energia fornita da un vulcano, utilizzata per alimentare una serra ipertecnologica che non teme le temperature estreme del Nord come le serre della Foresta non temono quelle del deserto.
Artefici del quasi miracolo sono Knutur Rafn Armann ed Helena Hermundardottir, marito e moglie (nonché genitori di cinque figli), che nel 1995 hanno deciso di dare una svolta alla loro vita. Knutur era un agronomo, Helena un’orticultrice, ma la loro situazione economica era più che precaria. Fino a quando hanno fondato Friðheimar, costruendo pezzo dopo pezzo quella che oggi è una serra dall’impatto ambientale bassissimo dove il colore dominante è il rosso, la temperatura è mite e umida al punto giusto e dove file e file di pomodori di tre qualità (due delle quali introdotte proprio dai coniugi Hermundardottir in Islanda per la prima volta) crescono tra il ronzio delle onnipresenti api. Fuori (siamo a un’ora a est di Reykjavík), metri e metri di neve e di gelo.

Come ci sono riusciti lo racconta la stessa Helena: in sintesi, installando la coltivazione a soli duecento metri da un vulcano, facendo un pozzo e sfruttando il calore e l’acqua già riscaldata dalla lava, ottima per irrigare e per generare tutta l’energia necessaria al funzionamento dell’impianto.

Credits: Simone Tramonte, The Guardian

(…) L’idea, naturalmente, non è del tutto nuova, visto che l’energia geotermica in Islanda si sfrutta fin dal 1924 e che oggi genera un quarto di tutta l’energia necessaria alla vita e alle attività del piccolo paese.
Ma nuova è la sua applicazione diretta alle serre, che infatti oggi producono anche frutti stravaganti a quelle latitudini come banane e cocomeri, rose e molto altro. Quanto a Friðheimar, riesce ormai a soddisfare il 15% della richiesta di pomodori degli islandesi, ov-
vero una tonnellata al giorno, circa trecentosettanta nell’anno. E poi fa qualcosa di più: educa, e coinvolge la popolazione.

Nella bellissima serra di Knutur ed Helena, dopo aver seguito le spiegazioni sul funzionamento del sistema, si può passare alla zona adibita a ristorante e consumare un pasto interamente a base di pomodoro, dalla zuppa al gelato (innaffiandolo con la birra di pomodoro e chiudendolo con la grappa ancora di pomodoro), le cui proposte cambiano spesso via via che la cuoca ne sperimenta di nuove: purché rigorosamente pomodoresche.

La stessa intuizione è alla base di tante esperienze, su piccola e grande scala, che in tutto il mondo provano ad affrontare il problema della crescita demografica e della conseguente necessità di alimentare sempre più persone, in maniera sostenibile.

Agnese Codignola le ha raccontate nel suo libro Il destino del cibo. Così mangeremo per salvare il mondo (Feltrinelli Editore), uno “strepitoso caleidoscopio” di storie che ruotano intorno all’idea del Clean food – cibo giusto per i lavoratori, gli animali, la nostra salute e quella del pianeta – capace di far vacillare molti pregiudizi, e far nascere in noi “domande inedite, che non è più possibile non porsi”.
Per scoprirle vi aspettiamo qui sul sito mercoledì 24 marzo, alle ore 18, insieme ad Agnese Codignola.

Le foto in questo articolo sono di Simone Tramonte e sono state pubblicate su The Guardian.


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