Scuola aperta tutta l’estate: è questo il piano del ministro dell’Istruzione Bianchi, per Abitare la scuola in maniera diversa.
Lezioni all’aria aperta, al cinema, a teatro, al museo: perché i ragazzi esplorino il territorio, e perché le comunità entrino dentro la scuola, mettendo il patrimonio di tradizioni, cultura, mestieri a servizio delle loro domande e necessità, dopo un isolamento che sarà difficile, per molti di loro, lasciarsi alle spalle. Nello specifico i mesi di luglio e agosto saranno dedicati ad attività di socializzazione e agli aspetti ricreativi: un’occasione da non perdere per mettere in pratica una scuola diffusa sul territorio. Come?
Ne abbiamo parlato con lo scrittore ed educatore Fabio Geda e il neo-eletto presidente dell’impresa sociale Con i bambini, soggetto attuatore dei programmi del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, Marco Rossi-Doria.
Come può il territorio diventare una scuola allargata?
Risponde Fabio Geda.
“Quando si dice che “per educare un bambino ci vuole un villaggio” non vuol dire che bisogna avere un villaggio di educatori. I bambini ci osservano, si muovono attorno a noi e quindi siamo tutti portatori di una missione educativa. Tutto educa o diseduca.
In campo educativo non c’è nulla a valore zero: o è più o è meno. O è qualcosa che ti trasporta verso la comprensione della complessità, ti fa crescere, oppure inibisce le tue possibilità, ti soffoca.
Io penso ad una scuola che mette al centro il benessere del ragazzo, e che quindi aiuta ad andare per il mondo una persona più consapevole di sé, degli altri e della complessità del vivere. Una scuola inclusiva, una scuola-laboratorio, una scuola che si fa domande: questo è un tipo di scuola che credo può essere utile ai territori.”
Come possiamo combattere la povertà educativa e far diventare la scuola un motore di sviluppo per il territorio?
Risponde Marco Rossi-Doria.
- “La povertà educativa si combatte facendo funzionare presto e bene gli asili nido, nei quartieri della povertà, soprattutto del sud Italia, e delle zone ormai sempre più disabitate degli Appennini e delle Alpi.
- È necessario creare una scuola primaria che sia rigorosa dove il tempo pieno sia uguale in ogni parte d’Italia, dove si impara presto e bene. Una scuola accogliente, per tutti.
- Dobbiamo dare il tempo agli insegnanti di elementari, medie e liceo di lavorare insieme e fare comunità abitante.
- Bisogna che ci sia un tempo lungo che non sia solo a scuola, ma nella città, nella natura, nell’esplorazione.
- Ci vuole una speciale attenzione alla cura, per le parti forti, deboli e sconosciute di ciascun bimbo e ragazzino.
- La formazione professionale deve avere pari dignità con la scuola superiore. Io farei una falegnameria nei licei classici, e un po’ di filosofia negli istituti professionali.
- E poi ci vuole un tempo dell’invenzione, della creatività e della responsabilità diretta. I ragazzi, già dalla fine delle medie, devono prendersi cura della loro scuola. Devono poter fare la manutenzione ordinaria e la pittura. Devono essere parte dei processi partecipativi reali e di gestione dei luoghi dove sono.
- Una comunità educante che fa alleanza con il comune e le autonomie scolastiche creerà un sistema di aiuto reciproco e di presa in capo di tutti i minori che finalmente potrà battere il fallimento formativo e non solo la dispersione scolastica. Per fare questo la scuola deve essere aperta e comunitaria, bisogna che questo sia al centro di grandi politiche pubbliche.”
Di comunità educanti e spazi culturali rigenerati parleremo la prossima settimana, mercoledì 5 maggio, con Nicoletta Tranquillo, socia fondatrice della cooperativa Kilowatt, e Roberta Franceschinelli, presidente de “Lo Stato dei Luoghi” e responsabile e project manager del programma “Culturability” della Fondazione Unipolis. Alle 18.30 qui sul sito!