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Oltre ogni definizione: la vita di Francesca Mannocchi

Oltre ogni definizione: la vita di Francesca Mannocchi

Essere donna, giornalista, mamma, testimone, paziente, non necessariamente in quest’ordine e senza soluzione di continuità. Non accettare di ridurti all’etichetta che gli altri vorrebbero appiccicarti addosso, per praticità.

Scegliere di lasciare la sicurezza dell’Italia, di una casa a Roma, per stare nei posti dai quali gli altri scappano. Medio oriente, nord Africa.

A me la definizione inviata di guerra proprio non piace. La capisco ma mi sta stretta, come in generale mi stanno strette tutte le definizioni che tendono a creare un confine.

Francesca Mannocchi per un’intervista a Rivista Studio

Non smettere di viaggiare, anche se devi pianificare ogni dettaglio delle trasferte. Portare con te le iniezioni, in certi paesi non poter più entrare perché i vaccini obbligatori sono in contrasto con la terapia che segui. Non smettere di viaggiare per guardare negli occhi il male, il tuo e quello degli altri. Convivere con un corpo che cambia, non più solo per gli anni che passano.

Io non sono una persona malata. Io sono Francesca e mi è capitato di avere la diagnosi di una malattia. Sono due frasi che raccontano due storie diverse.

Francesca Mannocchi per un’intervista a Rivista Studio

Francesca Mannocchi è una giornalista, autrice di documentari e scrittrice.
Bianco è il colore del danno (Einaudi, 2020) è il suo ultimo libro.

“Cosí un giorno, tu eri nato da un mese e mezzo o giú di lí, ho lavato i biberon, preparato la borsa con le tue cose per portarti da mia madre e ho fatto un biglietto aereo per Erbil, Iraq settentrionale.
Era iniziata la guerra di liberazione di Mosul dall’Isis. Sono partita.
Il resto è una resa dei conti.
Le madri che affollavano la stanza della clinica hanno sostituito i diminutivi con la morale, puerpera indegna, egoista, sarai cacciata dalla comunità delle bravemadri. Queste comunità, lo imparerai presto, caro Pietro, hanno regole inflessibili, e se le discuti, se dissenti e polemizzi, la tua autonomia verrà scambiata per narcisismo e i tuoi desideri per vanità.
E cosí sono partita con tuo padre, tre macchine fotografiche, un taccuino, le matite e il tiralatte, perché avevo la montata lattea e dovevo evitare ingorghi e mastiti. La sera quando tornavamo da Mosul, dopo la doccia, mi attaccavo la tettarella al seno e aspettavo che nel tubo di plastica passasse il latte fino a riempire i duecentocinquanta millilitri della base.
È andata avanti per qualche giorno. Poi il latte è diminuito. Infine ha smesso di uscire. Di tanto in tanto la maglietta si bagnava, non sistemavo piú le coppette o i dischi di ovatta sui capezzoli e capitava che mi ritrovassi la maglietta con l’alone biancastro all’altezza del seno. Poi è arrivata l’ora di tornare a casa. Ho fatto la valigia, cancellato dalla rubrica del telefono i numeri di tanti, ma soprattutto di tante, che mi pensavano ormai madre degenere, narcisista senza speranza, egoista irredimibile. E ho preso un volo da Erbil a Istanbul, uno da Istanbul a Fiumicino, e sono tornata.
Sono stata egoista Pietro, è vero.
Ma mentre rimettevo in ordine gli appunti, la sera, sulla scrivania della stanza umida e caldissima del quartiere cristiano di Erbil, mi sentivo a casa.
Nel nostro appartamento pieno di luce, con la palma a dare il benvenuto al giorno tutti i giorni ero diventata straniera. Quando sono tornata a Roma, i verdetti di colpevolezza mi attendevano sulla porta insieme agli indici puntati di chi sapeva cosa fosse giusto per me e per te.
Ho disfatto la valigia, mi sono seduta accanto a te che dormivi e ti ho detto che l’identità, amore mio, è una faccenda complessa, che cercarsi può diventare una condanna a vita.
Tu, nel sonno, hai sorriso, o almeno ho voluto pensare che lo facessi.
Appena sveglio mi hai stretto l’indice della mano destra tra le dita rugose.
Forse l’amore è cosí, mi sono detta, arriva, sorride, poi ti vuole trattenere a sé.”*

Mercoledì 7 luglio, ore 18, Francesca Mannocchi sarà protagonista del nostro ultimo appuntamento prima della pausa estiva, in diretta qui sul nostro sito. Parleremo di viaggi, e del suo appassionato e potente lavoro d’inchiesta nei luoghi dove si combattono guerre dimenticate.

*estratto dal libro “Bianco è il colore del danno” (Einaudi, 2020), pg.35-36. Si ringraziano l’autrice e l’editore Einaudi.


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