Nelle antiche tragedie e commedie, il prologo aiutava il lettore a capire il contesto in cui si svolgeva la vicenda narrata nell’opera. Era una sorta di bussola, d’introduzione. Per noi il contesto è Il Grande Trasloco dal mondo di ieri a quello di domani. La direzione è quella indicata dalle parole, chiavi capaci di aprire le serrature dell’immaginazione.
Tutte le nuove definizioni di questa pagina sono emerse dall’incontro del 3 marzo 2021 con Michele Serra, giornalista, scrittore, editorialista di Repubblica, autore televisivo e teatrale.
Parole. Qualcosa che richiede impegno, da non sperperare, e rispettare. Ciò che ci mette in relazione con gli altri.
“Tutte le parole pensate le terrei: anche quelle non condivisibili, brutte, pesanti, angoscianti, se dette perché ti appartengono, sono preziose. La parola sciatta, casuale, detta tanto per dire, invece, è zavorra. Sui social l’inflazione della parola le ha fatto perdere in qualche miliardo di casi peso, responsabilità imparare a rispettare la parola vuol dire prendere atto della responsabilità che abbiamo nel dirla.”
Silenzio. La sensazione che ti colpisce quando, uscendo dalla porta di casa o aprendo la finestra, ti sei accorto che il mondo si era fermato. Ciò che resta, quando togli il rumore di fondo.
Ingenuità. Guardare con stupore e voglia di imparare quello che crediamo di conoscere, ma non sempre conosciamo. Osservare con gli occhi di chi vuole scoprire, quelli di un bambino. Parola infantile, sorgiva, che ha a che fare con la ripartenza. L’opposto di cinismo, il credere di sapere già tutto, di aver fatto tutte le esperienze.
Natura. Qualcosa che non conosciamo più, non riusciamo a prevedere, e può piombarci addosso da un momento all’altro.
Cura. Qualcosa di intimamente legato al tempo. Non curi una cosa perché t’interessa l’adesso, ma in previsione di una nuova stagione, del futuro.
Scelta. La capacità di lasciarsi qualcosa alle spalle. Ha a che fare con la memoria, le relazioni, lo stato sociale. Ciò che spesso non sappiamo fare, e a cui ci ribelliamo, perché siamo ingordi, curiosi, abbiamo bisogno di un sacco di cose.
Normalità. La cosa più difficile da immaginare. Ripensarla è diventato un lusso per sognatori, un vezzo per estremisti, un pensiero di nicchia. Non è più frutto di un pensiero comune, attività sociale e collettiva, oggetto di discussione e anche conflitto, diventa una scelta individuale.
Limite. La parola totem di chi è capace di guardare il mondo. Presuppone l’incapacità di poter fare tutto. Si lega alla qualità, e di conseguenza all’idea di scelta.
Pop. Abbreviazione di popular, ‘popolare’. Parola inclusiva, una formula magica. Se le cose belle diventassero pop, il mondo sarebbe salvo.
Lavoro. Il processo attraverso cui ci si prende cura di qualcosa. Ciò che è ben fatto, creato con orgoglio, disponibile per tutti. Non dovrebbe avere niente a che fare con l’alienazione e la spersonalizzazione.