Dove prima sferragliavano i cingoli dei carri armati, oggi volano lo sparviere, il picchio rosso e altre 37 specie di uccelli, mentre tra l’erba e le acque stagnanti si possono incontrare anfibi
protetti come il rospo smeraldino e il tritone crestato. La natura si riprende il suo spazio. E lo fa a Milano, in piazza d’Armi, un’area di ben 40 ettari della zona sudovest della città, vicino all’ospedale San Carlo e allo stadio di San Siro, che fino ai primi anni Ottanta del secolo scorso era un poligono di esercitazione dei carristi dell’adiacente caserma Santa Barbara. (…)
Oggi piazza d’Armi è diventata un nuovo polmone verde. Ed è fra gli orti abusivi, sorti sui suoi confini fin dal secondo dopoguerra, che Honorata Sombillo, da tutti conosciuta come Nene, ha le sue 80 arnie. Le ha ereditate dal suo compagno, Salvatore Minniti, che ha allevato api per quasi 50 anni in questo lembo di terra, che pochi milanesi conoscono. Api e carri armati convivevano. Di Salvatore hanno parlato più volte giornali e tv locali, perché periodicamente rischiava lo sgombero. Di fatto Salvatore e i vecchi ortisti hanno difeso dal degrado tutta l’area. Fuori dai loro recinti, oggi più di ieri, il terreno è disseminato da piccole discariche abusive, soprattutto rifiuti inerti, materassi, vecchi mobili. (…) Quando si varca il cancello verde dell’apiario della Nene si entra in un bellissimo frutteto con meli, prugni, fichi, cachi, ciliegi.
“Sono nata nelle Filippine e prima di arrivare a Milano, una ventina di anni fa, ho fatto la domestica a Singapore e Hong Kong”, mi racconta mentre mangiamo due saporitissimi fichi appena raccolti. “Anche a Milano facevo la domestica e ho conosciuto Salvatore al mercato, dove lui vendeva il suo miele. Ero una sua cliente.”
Galeotti furono dunque i vasetti di miele.
Mi ha insegnato tutto sulla vita e il comportamento delle api. Poi purtroppo si è ammalato e ora porto avanti io l’attività.
La Nene al mattino vende il suo miele e quello di altri apicoltori nei mercati di Milano e al pomeriggio si dedica alle api. Non usa guanti né maschere. “
Le api sentono l’umore di chi sta intorno. Ci vuole molta passione per questo mestiere.
Anche lei, come è stato per Salvatore, vive nell’incertezza del destino del suo apiario. Tutta piazza d’Armi infatti è del Demanio Civile ed è gestita dalla Invimit, società il cui capitale è interamente posseduto dal Ministero delle Finanze. L’obiettivo statutario di Invimit è la “valorizzazione dei patrimoni immobiliari pubblici, sia attraverso la leva urbanistico-edilizia che perseguendone una più ampia e profonda rigenerazione” e “assumere un ruolo di cerniera tra i soggetti pubblici, proprietari di ingenti patrimoni immobiliari, e il mercato”. In altri termini, deve cercare di far fruttare gli immobili che le sono affidati. Di per sé è una missione importante, ma quando si tratta di un’area così grande dentro una città, il timore che si inneschi una speculazione edilizia è forte.
Per difendere e valorizzare piazza d’Armi è nata nel 2015 l’associazione Le Giardiniere del Parco di piazza d’Armi. Si tratta di un gruppo di donne che si è dato questo nome ispirandosi alle Giardiniere del Risorgimento, affiliate alla Carboneria. Mentre appunto gli uomini si ritrovavano nelle carbonaie, le donne si davano appuntamento per le loro riunioni segrete nei giardini. “Come loro, senza enfasi ma con altrettanta passione, lavoriamo per la nostra città”, si presentano sul sito legiardinieremilano.it, “come loro anche noi scommettiamo su Milano e la sua capacità e possibilità di cambiare”. (…)
Le Giardiniere si sono battute in questi anni perché su piazza d’Armi non ci sia l’ennesima colata di cemento, ma sia invece fruibile da tutti i cittadini. Hanno presentato al Comune di Milano e a Invimit un progetto che hanno chiamato Rimani, acronimo che sta per “Rigenerazione Manutenzione e Innovazione”. Prevede la creazione di due aree a frutteto: la prima, circa quattro ettari, “a disposizione della cittadinanza con regole e modalità da definire”, la seconda, di circa due ettari, da assegnare a un privato o a una associazione, “che sostenga il lavoro di almeno due addetti”. Altri due ettari e mezzo verrebbero gestiti da un’azienda agricola biologica per la produzione di ortaggi da vendere in loco. Ovviamente Nene continuerebbe la sua attività di apicoltrice e un’area verrebbe destinata agli orti. Troverebbero poi spazio un orto botanico, una vigna didattica e un’oasi naturalistica di circa 8 ettari. Sono previsti infine sentieri e percorsi tematici con pannelli didattici e diverse attività promosse dalle associazioni della zona (dalle passeggiate a cavallo, alla pet therapy, al gioco del frisbee). È insomma un progetto che eviterebbe qualsiasi speculazione edilizia e restituirebbe ai cittadini uno spazio verde prezioso.
Per fortuna, comunque, il Piano di governo del Territorio del Comune, pubblicato a febbraio 2020, denomina l’intera area come “parco urbano” e ne destina il 75 per cento (circa 31,5 ettari) a verde. Inoltre dall’ottobre del 2019 il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ha posto un vincolo sulle aree verdi di piazza d’Armi, sulle quali quindi non è possibile realizzare “nuove edificazioni”.
Tutti le hanno assicurato che non verrà cacciata, che le sue api continueranno a volare nel parco di piazza d’Armi. Probabilmente però dovrà spostarle in un altro punto del parco, perché prima o poi tutte le baracche degli orti verranno demolite. La Nene intanto si fa seguire da un avvocato e ha il sostegno delle Giardiniere: nella sua semplicità è determinata a non mollare. E penso che dobbiamo esserle grati per il servizio di impollinazione che sta garantendo a questa fetta di città.
Per oltre 50 anni le api hanno vissuto in questa zona: pochi se ne sono accorti, ma sono state a mio avviso un presidio della natura. L’azienda della Nene ha tutte le carte in regola, anche dal punto di vista dei veterinari dell’Ats che la conoscono bene. L’unico aspetto da sanare è quello dell’autorizzazione a rimanere sui terreni del demanio. Sarebbe davvero paradossale se le sue api venissero sgomberate proprio ora, quando si spendono fiumi di parole sulle città green e le amministrazioni pubbliche varano progetti milionari per la piantumazione di migliaia di alberi che devono contrastare il riscaldamento globale. A rischio sgombero non c’è solo l’attività dell’azienda apistica della Nene, ma circa 4 milioni di api.
Il testo è tratto da “Io sto con le api. Conoscere, proteggere e amare un mondo in pericolo” (Terre di mezzo Editore) di Dario Paladini, recentemente segnalato alla giuria della XXIII edizione del Premio Libro per l’Ambiente di Legambiente con questa motivazione: “Il libro, nel racconto autobiografico di un apicoltore per hobby, riesce a percorrere in modo pieno e significativo le problematiche che gli impatti ambientali hanno sulle api, e tramite loro sulle nostre vite.“
Guarda il video di presentazione del libro.