Nutrirsi è un istinto vitale, un gesto rivoluzionario.
La prima voce a raccontare come ci nutriremo nel futuro è quella di Carlo Petrini, un gastronomo: colui che s’interessa di agricoltura, chimica, politica, inquinamento e salubrità dei suoli. Non uno qualunque: il fondatore di Slow Food, l’ideatore del “diritto al piacere” della buona tavola e di manifestazioni come Terra Madre, la rete mondiale delle comunità del cibo. A lui abbiamo chiesto come immagina il mondo in cui gli piacerebbe vivere, e cosa dobbiamo portare con noi o abbandonare per realizzarlo.
UNA VISIONE D’INSIEME
«Dal punto di vista del metodo, penso che occorra riflettere su un approccio nuovo. Avete impostato questa ricerca su tematiche precise – nutrire, abitare, viaggiare, curare, lavorare – e penso che metodologicamente nel raccontare queste tematiche si debba sapere che sono tutte connesse tra di loro. La connessione tra la nutrizione e cura, ad esempio, è strettissima. La cura è l’elemento determinante per l’alimentazione del futuro. Se non c’è la cura, non esiste nutrizione sostenibile perché cura vuol dire difesa della biodiversità, attenzione per le produzioni marginali, significa capire che cosa bisogna coltivare in ogni territorio, la netta connessione delle forme di agricoltura e allevamento da un territorio all’altro».
VALORIZZARE IL TERRITORIO
«Per affrontare il problema del cibo, credo sia necessario rafforzare la produzione locale in ogni angolo del Pianeta: questo è l’obiettivo primario dell’umanità. Ogni territorio deve garantirsi una componente significativa della propria sovranità alimentare, facendo in modo che la produzione non abbia effetti negativi sull’ambiente. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che tutto il sistema alimentare, fatto di produzione, logistica, trasporto e trasformazione, incide per il 34% sulla produzione globale di gas climalteranti».
“PENSARE” BIOLOGICO
«L’agricoltura intensiva distrugge la biodiversità e impoverisce i suoli. La grande sfida che abbiamo davanti è lavorare per superare l’enorme bugia secondo cui un atteggiamento virtuoso non garantisce l’alimentazione per tutti. È stata data per scontata questa narrazione: voi siete delle élite, vi piace mangiar bene, il cibo biologico, ma con il cibo biologico non si può alimentare tutti. Questa è una bugia enorme, enorme».
CO-PRODURRE
«Il contadino del futuro è un giovane che capisce l’importanza di costruire un’alleanza fra il suo lavoro e i cittadini che rispettano il suo lavoro, riconoscendo un giusto prezzo per i prodotti agricoli, ma esigono un’attenzione alla qualità e all’ambiente. È questa la strada maestra da proseguire: implementare dialogo, connessione, interazione tra contadino e cittadino, perché nasca un modello che ho definito di co-produzione. Un cittadino cosciente diventa co produttore e capisce il perché è importante questo tipo di agricoltura. Può farlo partendo da casa propria: ci riapproprieremo della nostra capacità di favorire un’alimentazione sana per la nostra salute e per la collettività solo ed esclusivamente se rafforzeremo le economie locali della produzione alimentare».
ACCORCIARE LE FILIERE
«Oggi la grande distribuzione implementa l’online con l’aiuto di colossi come Amazon. Mentre i mercati contadini, i negozi di vicinato, le botteghe sono in profonda crisi, perché la pandemia ha marginalizzato quel tipo di distribuzione. Sono però queste forme distributive locali a legittimare le filiere corte! La tecnologia non è solo al servizio della grande distribuzione, può essere al servizio di tutti: per esempio, si può organizzare un mercato locale avvisando anticipatamente i cittadini su cosa ci troveranno grazie al web.»
UNA NUOVA IDEA DI RISTORAZIONE
«Il ristoratore del futuro crea un’alleanza strategica con il sistema produttivo locale e in alcuni casi lo favorisce in prima persona. Coltiva il proprio orto, segue la produzione e realizzazione di piccoli allevamenti, si rapporta direttamente con i contadini. Così facendo riuscirà a mantenere la distintività e la memoria della cucina del proprio territorio, utilizzando una materia prima che ne è l’espressione più autentica.»
Guarda il video dell’incontro con Carlo Petrini, “Il cibo come progetto politico”.